Sabato
6 aprile 1888, arriva a Torino, affranto di fatica: « Non sono più in grado di viaggiare solo», scrive a Peter Gast. « Ciò mi agita troppo, tutto mi impressiona
stupidamente »,
Torino è certamente una bella città dell’antica Europa aristocratica e reale;
nessuno tuttavia si è reso mai conto di vedere in essa la ottava meraviglia del
mondo. Ora, questo è ciò che farà Nietzsche. Questo semi-cieco, attraverso le
lenti nere dei suoi spessi occhiali, scorge le linee del nobile disegno
torinese, e le trova sublimi. Lettera a Peter Gast:
« Torino, caro amico, è una scoperta capitale. Ve
ne parlo con il secondo fine che voi potrete forse approfittarne, Il mio umore
è buono, lavoro dal mattino alla sera — un piccolo pamphlet sulla musica occupa le mie dita — digerisco come un semi-dio, dormo malgrado il
baccano notturno delle vetture; tutti sintomi di un eminente adattamento di
Nietzsche a Torino ».
Questi benefici, Nietzsche li attribuisce ai clima di Torino. Non vede (o
dissimula) la realtà, che è ben altra. La scossa del viaggio, lo shock dell’arrivo, l’hanno scosso: da
qualche parte, nel suo cervello, nelle immensità del suo universo interiore,
qualche equilibrio si rotto, ed il fuoco, da molto tempo minaccioso e
strisciante, è infine scaturito. Non è ancora tutto incendiato, ma tutto è
lambito dalla fiamma, e la follia ha per primo sintomo, ben noto agli
psichiatri, un sentimento di vittoria, un’acclamazione trionfale. Questa
vittoria, questo trionfo della follia, Nietzsche li aveva un giorno, ce ne
ricordiamo, tragicamente chiamati: « Inviatemi,
la follia, abitanti dei cieli », aveva
gridato; « la follia perché finalmente io
creda in me! » La follia arriva, Nietzsche crederà in lui.
da
Daniel Halévy
Vita eroica di Nietzsche