mercoledì 6 ottobre 2010

Se L´opera di Nietzsche è lunga 4000 chilometri

La Repubblica 28.9.10
Dalla Sassonia a Torino, passando per Sorrento. Le peregrinazioni del filosofo
Se L´opera di Nietzsche è lunga 4000 chilometri
di Maurizio Ferraris

La salute e la malattia sono le categorie attraverso le quali legge il mondo. Ed è uno dei protagonisti del libro "I viaggi dei filosofi"

Torino, in Via Carlo Alberto 6, si legge un´epigrafe: «In questa casa/ Federico Nietzsche/ conobbe la pienezza dello spirito che tenta l´ignoto/ la volontà di dominio/ che suscita l´eroe// qui/ ad attestare l´alto destino/ e il genio/ scrisse "Ecce homo"/ libro della sua vita // a ricordo/ delle ore creatrici/ primavera autunno 1888/ nel I centenario della nascita/ la città di Torino/ pose/ 15 ottobre 1944 a. XXII e.f.». La targa fu posta in tempi di volontà di potenza scatenata. Io la vedo almeno due volte all´anno, perché in quella casa c´è lo studio del mio commercialista, e pago le tasse nella stanza di Zarathustra. Lì tra gli ultimi giorni del 1888 e i primi del 1889, aveva luogo il crollo psichico che lo porterà a scrivere i "biglietti della follia" in cui dichiara di essere tutti i nomi della storia e si firma ora "Dioniso" ora "Il Crocifisso". Ma come ci era arrivato, a Torino, e perché quella fine?
Come prima cosa, torniamo indietro a Sils-Maria, dove Nietzsche affittava una stanza in cui, il 26 agosto 1886, compose quello che solitamente viene considerato l´ultimo piano della Volontà di potenza. L´opera non vedrà mai la luce per mano di Nietzsche, e i frammenti postumi saranno variamente organizzati da sua sorella Elisabeth e dal suo allievo Peter Gast, nel 1901 e poi in una nuova e più ampia edizione nel 1906. L´idea di Nietzsche, che incubava sin dai primi studi filologici, e che ora trova una nuova sostanza, è che il mondo sia fatto di atomi dotati di una forza interna, che si scontrano per sopraffarsi, e che la sola cosa che conta, per loro, è per l´appunto la lotta, l´aggressione, l´urto, non la felicità, non l´utile, ed evidentemente nemmeno la morale, dal momento che qui stiamo affrontando livelli di realtà che riguardano atomi, corpuscoli, microrganismi, cellule, amebe. C´è un vulcano che esplode e trascina al di là della vita, con la forza di qualcosa di molto potente e insieme di molto basso e primario.
Ecco dove finiscono le dottrine escogitate nei posti di vacanza. Nietzsche si è molto lamentato, a un certo punto, anche degli anni passati sulla riviera ligure e francese. Stanze fredde, malinconia, l´incapacità (un po´ patologica) di parlare in modo accettabile l´italiano o il francese. In questi anni e in questi luoghi Nietzsche scrive Aurora, gli Idilli di Messina e La Gaia scienza. Ma c´è anche Roma, dove il 26 aprile 1882 conosce Lou Andreas-Salomè, ventunenne figlia di un generale russo, curiosissima di cultura e di intellettuali, che nel 1894 scriverà un bel libro su Nietzsche. Nietzsche progetta subito di sposarla, ma fra i due non succederà niente tranne un bacio (forse) a Orta, dopo una passeggiata al Sacro Monte. Nietzsche e Lou trascorrono insieme il mese di agosto, a Tautenburg, però con Elisabeth, gelosa e aggressiva nei confronti di Lou, e poi cinque settimane, tra ottobre e novembre, a Lipsia, questa volta con Paul Rée, un amico di Nietzsche autore di un libro sull´Origine dei sentimenti morali. I due, Lou e Rée, il 5 novembre partiranno alla volta di Berlino, lasciando Nietzsche nella più completa desolazione, e lui ripiegherà a Rapallo, dove in pochi giorni del gennaio 1883 scrive la prima parte di Così parlò Zarathustra.
La salute e la malattia sono le categorie per il cui tramite Nietzsche legge il mondo. Non c´è da stupirsene, visto che il suo è essenzialmente lo sguardo di un malato. Nell´ottobre 1876 ottiene un anno di congedo da Basilea, prodromo delle dimissioni definitive, nel 1879. Con Rée e con Albert Brenner, un allievo, parte per l´Italia. Il 22 ottobre raggiungono Genova, dove si imbarcano per Napoli; il 27 sono a Sorrento, ospiti di Malwida von Meysenbug che aveva preso in affitto Villa Rubinacci. Oggi la villa è un albergo con pizzeria. È molto probabile che Nietzsche, malandato e depresso, chiedesse all´Italia, specie meridionale, quello che tutti i viaggiatori le domandavano, forse sin dall´epoca di Annibale, di certo dal grand tour settecentesco in avanti: ristoro fisico, riposo, serenità da pensionato. Ma non ci si può sottrarre al proprio destino, ai condizionamenti familiari, ai geni. A ben vedere, la storia è ancora più antica, ed è già presente nell´epoca "romantica", quella dell´insegnamento in Svizzera.
Nietzsche arriva a Basilea nel 1869, giovanissimo professore di filologia, e incomincia un´attività complessa. Quella di docente di greco e di latino, che cerca di avvicinarsi, dalla filologia, alla filosofia. Quella di curioso di cose scientifiche, che cerca di colmare le lacune della sua formazione soltanto umanistica. E quella di fervente wagneriano, che nei fine settimana frequenta il maestro e la moglie Cosima a Tribschen, sul lago di Lucerna. Il simbolo e il sintomo di questa triplice attività e personalità è La nascita della tragedia, concepita più o meno quando Nietzsche arriva a Basilea, cresciuta tra i corsi universitari e gli incontri con Wagner, e uscita all´inizio del 1872. Fra le tappe essenziali del viaggio non resta che Röcken. In Sassonia, la città natale. Secondo la stima Google maps, l´itinerario che abbiamo tracciato partendo da Torino è di 3.761 km – circa 1 giorno 16 ore. Nietzsche ci mise quarantaquattro anni. Leggiamo in un frammento autobiografico di quando aveva diciannove anni: «Come pianta io nacqui presso il camposanto, come uomo in una canonica». Camposanto e canonica sono ancora lì, e nel camposanto è stato sepolto il 28 agosto 1900, tre giorni dopo la morte avvenuta a Weimar.

sabato 18 settembre 2010

Nietzsche? Tutto ma non fascista

l’Unità 8.9.10
Nietzsche? Tutto ma non fascista
di Bruno Gravagnuolo

Nietzsche non fu il precursore ma il costruttore del cuore del fascismo». È lapidario Armando Torno, sul Corsera di ieri l’altro, nella chiusa finale della sua recensione alla nuova traduzione di Così parlò Zarathustra a cura di Sossio Giametta (Bompiani, pp. 1228, Euro 30). Lapidario e brutale, come se a riguardo non fossero state versate tonnellate filologiche di inchiostro. In revisione di un lungo e trito luogo comune: il fascismo, anzi il nazismo vocazionale di Nietzsche. E quel luogo comune, lo ricordiamo, era condiviso sia dai «nazificatori» di Nietzsche, da Rosenberg allo stesso Hitler, sia dai marxisti alla Lukàcs, che del «superuomo» fecero il vessillifero dell’imperialismo razzista. Persino Mussolini pensava di essere «nietzscheano», discettando da giovane di masse e capi. Mentre di recente Ernst Nolte, «giustificatore» di certe ossessioni naziste, ha creduto, da destra, di ravvisare in Nietzsche il segnale delle reazione borghese europea contro la minaccia dell’«annientamento proletario», incombente tra otto e novecento. Infine, il marxista Domenico Losurdo. Che ha rispolverato la reazionarietà razzista e imperialista del pensatore dell’Eterno Ritorno. Intendiamoci, Nietzsche non era di sinistra e nemmeno progressista. E la curvatura apocalittica e a tratti risentita dei suoi pensieri, va anche in senso conservatore: filippiche contro l’umanitarismo, il progresso, la morale dei deboli etc. Ma la direzione del suo pensiero è un’altra. È una critica dirompente delle false giustificazioni del potere e della morale. Una destructio integrale del rapporto servo/ padrone, volta alla liberazione delle energie vitali della soggettività soggiogata. Nietzsche, campione di psicologia politica, parla all’anima di ciascuno, invitando ciascuno alla ribellione. Contro tutti i totem della massificazione e del conformismo. Ben per questo Freud scorse in lui il vero scopritore dell’inconscio oppresso. E ben per questo, come attesta Nolte, con Marx ed Engels, era la lettura preferita degli operai tedeschi nella Germania guglielmina. Solo un caso?