La prima natura. Dato il modo in cui oggi veniamo educati, noi riceviamo in
primo luogo una seconda natura; e quando il mondo ci dice maturi, maggiori
d’età, utilizzabili, noi la possediamo. Pochi sono abbastanza serpenti da
staccarsi un bel giorno questa pelle di dosso, allorquando, sotto il suo
guscio,- è maturata la loro prima natura. Nei più, avvizzisce il seme di essa.
giovedì 30 aprile 2020
mercoledì 29 aprile 2020
I sedentari e i liberi
I sedentari e i liberi. Soltanto nel mondo degli inferi ci viene
mostrato qualcosa del cupo sfondo di tutta quella beatitudine d’avventurieri,
che circonda Odisseo e i suoi compagni come un eterna chiarità di mari, — di
quello sfondo che poi non si dimentica più: la madre di Odisseo era morta di
pena e di struggimento per il figlio suo! C’è chi è incalzato da un luogo
all’altro, chi invece, mite e sedentario, ha il cuore a pezzi per
questo: così è sempre! L’angoscia spezza il cuore a coloro cui tocca consumare
l’esperienza dell’abbandono in cui è stata lasciata la loro idea, la loro fede,
da colui che amavano maggiormente, — questo appartiene alla
tragedia, di cui gli spiriti liberi sono protagonisti, e di cui talora sono
anche coscienti! Debbono, anche per una sola volta, scendere tra i morti,
come Odisseo, per alleviare la loro afflizione e acquietare la loro
tenerezza.
da Aurora
aforisma 562
Morale degli animali da sacrificio
Morale degli animali da sacrificio. «Abbandonarsi con entusiasmo»,
«immolarsi nel sacrificio» — sono queste le parole d’ordine della vostra morale,
e lo credo bene che, come dite voi, «agite così in buona fede», c’è però il
fatto che io vi conosco meglio di quanto voi non conosciate voi stessi quando
la vostra «buona fede» riesce ad andare a braccetto con una siffatta morale.
Dalla sommità di questa, gettate lo sguardo in basso su quell’altra arida
morale che esige dominio di sé, rigore, obbedienza, perfino egoistica la dite
voi. Ed è proprio così, voi siete sinceri con voi stessi, se non viva a genio, —
essa non può andarvi a genio! Perché mentre vi abbandonate entusiasticamente e
fate di voi stessi un olocausto, assaporate l’ebbrezza di sapere che siete
ormai una cosa sola con il potente essere, sia esso un Dio o un uomo, al quale
vi consacrate: vi crogiolate nel sentimento della sua potenza, che appunto di
nuovo testimoniata da una vittima. In verità non sembrate tanto immolarvi,
quanto, invece, trasmutarvi, col pensiero, in divinità e, come tali, godere di
voi stessi. Tenendo conto di questo godimento, come vi sembra gracile e povera quella
morale «egoistica» dell’obbedienza, del dovere, della razionalità! Essa non vi
sta bene perché qui realmente ci si deve sacrificare e donare, senta che il sacrificante
s’illuda di trasformarsi in un Dio, come vi illudete voi. Insomma, voi volete
l’ebbrezza e la dismisura, e quella morale che voi disprezzate leva il dito
contro l’ebbrezza e la dismisura: Io credo bene che vi resti scomoda!
Friedrich Nietzsche
da Aurora
aforisma 215
da Aurora
aforisma 215
martedì 28 aprile 2020
Sono necessari piccoli atti anticonformisti
Sono
necessari piccoli atti anticonformisti. Agire, anche una sola volta, nelle
faccende del costume, contro il proprio giudizio migliore; sottomettersi, a
questo riguardo, nella prassi, e riservarsi la libertà spirituale; agire come
tutti e con ciò rendere a tutti una cortesia e un beneficio per così dire a
compenso dei non conformismo delle nostre opinioni: tutto questo, presso molti
uomini abbastanza liberi d’idee, è considerato non soltanto non pericoloso, ma
anche «onesto», «umano», «tollerante», «non pedantesco», o comunque suonino le
belle parole con le quali si canta la ninna-nanna alla coscienza intellettuale
perché si addormenti. E così c’è chi, pur essendo ateo, fa battezzare
cristianamente il suo bambino, e chi va sotto le armi, come tutti gli altri,
per quanto maledica grandemente l’odio tra i popoli, chi corre in chiesa con
una femminuccia perchè lei ha una parentela di gente devota, e fa la sua
promessa davanti a un prete, senza vergognarsi. «Non è essenziale, se anche uno
di noi fa quello che tutti fanno e hanno sempre fatto» — così si esprime il pregiudizio
grossolano!I Il grossolano errore! Poiché non c’è niente di più essenziale del
fatto che ancora una volta sia
riaffermato, attraverso l’azione di un uomo riconosciuto come razionale, quanto
è già potente, tradizionale, e irrazionalmente riconosciuto: - in tal modo esso riceve, agli
occhi di tutti coloro che hanno notizia di questo fatto, la sanzione della
ragione stessa. Tutto il rispetto per le vostre opinioni! Però piccoli atti anticonformisti
hanno più valore!
Friedrich
Nietzsche
da Aurora
aforisma 149
da Aurora
aforisma 149
lunedì 27 aprile 2020
Contro la cattiva dieta.
Contro
la cattiva dieta. Puah! Questi pasti che consumano oggi gli uomini
nei ristoranti, come
in qualsiasi altro luogo, dove viva la classe agiata della società! Anche
quando molto ragguardevoli dotti tengono i loro consessi, è lo stesso costume
che imbandisce la loro tavola come quella del banchiere: secondo cioè la regola
del «troppo» e del «vario», da cui deriva la conseguenza che i
cibi vengono approntati in vista dell’effetto e non del risultato e
occorre l’aiuto di bevande
eccitanti per smaltire
la pesantezza nello stomaco e nel cervello. Puah! Quale dissolutezza
e ipersensibilità
dovranno essere le generali conseguenze! Puah! Quali sogni finiranno per avere! Puah! Quali arti e
quali libri costituiranno il dessert di simili pasti! E agiscano pure a loro talento: nel
loro agire regnerà
sempre il pepe e la contraddizione, oppure la stanchezza del mondo! (La classe
abbiente in Inghilterra ha bisogno del suo cristianesimo per poter sopportare i
suoi disturbi digestivi e i suoi dolori di testa). In conclusione, per dire
quel che c’è di divertente nella faccenda e non soltanto quel che v’è in essa
di ripugnante, questi uomini non sono per nulla dei golosi; il nostro secolo e
il suo genere di faccende è più potente sulle loro membra che sul loro ventre: a
che cosa mirano dunque questi conviti? A essere rappresentativi! Ma di che
cosa, per tutti i santi? Della classe? — No, del denaro: non si ha più
classe! Si è «individuo»! Il denaro invece è potenza, fama, dignità,
supremazia, influenza, il denaro costituisce oggi per un uomo, secondo che ne
abbia, il grande o il piccolo pregiudizio morale. Nessuno vuole tenerselo sotto
il moggio, nessuno lo vorrebbe mettere sulla tavola; di conseguenza il denaro
deve avere un elemento rappresentativo che si possa mettere sulla tavola: si
vedano i nostri pasti.
Friedrich
Nietzsche
da Aurora
aforisma 203
da Aurora
aforisma 203
domenica 26 aprile 2020
Opere e fede
Opere e fede. I maestri protestanti continuano sempre a diffondere quell’errore fondamentale che soltanto la fede sia la cosa importante e che alla fede debbono necessariamente conseguire le opere. Questo non è assolutamente vero, ma possiede un tale accento di seduzione che ha. traviato ben altre intelligenze che quella di Lutero (quelle cioè di Socrate e Platone): nonostante che in contrario deponga il modo in cui appaiono le nostre esperienze di tutti i giorni. Il sapere o la fede maggiormente sicuri non possono dare la forza per agire e neppure la scioltezza per l’azione, non possono sostituire l’esercizio di quel sottile. multiplo meccanismo che deve essere precedentemente messo in movimento, affinché una qualsiasi cosa possa da una rappresentazione trasformarsi in azione. Soprattutto, e prima di tutto, le opere! Cioè esercizio, esercizio, esercizio!
La « fede » a ciò necessaria verrà al momento giusto, —. siatene certi!
Friedrich Nietzsche
Da “Aurora”aforisma 22
sabato 25 aprile 2020
Chi è mai il prossimo?
Chi è mai il prossimo? Che cosa mai comprendiamo, del nostro prossimo, per
quanto riguarda le sue delimitazioni, voglio dire ciò con cui esso quasi si
delinea e s’imprime su di noi e in noi? Di esso non comprendiamo se non le
trasformazioni che ad opera sua si producono in noi, quel che sappiamo di lui
assomiglia ad uno spazio cui è stata data una forma vuota. Gli attribuiamo le
sensazioni che i suoi atti evocano in noi e gli conferiamo così una falsa
positività inversa. Lo plasmiamo secondo la conoscenza che abbiamo di noi,
facendone un satellite del nostro stesso sistema: e se esso ci fa luce o si
ottenebra, e noi siamo la causa ultima di questi due fatti, siamo pur sempre
indotti a credere il contrario! un mondo di fantasmi è quello in cui viviamo,
un mondo stravolto, capovolto, vuoto e tuttavia sognato come pieno e diritto!
Friedrich Nietzsche
venerdì 24 aprile 2020
Alzatevi e andate
Alzatevi e andate, amici, mi avete lasciato parlare anche troppo a lungo.
Il vento diventa più freddo e pungente, l’erba anche — questa
placida cima trema, e si va a sera. Andate e, ve ne prego, quando sarete a
valle, commettete subito una piccola follia, affinché tutto il mondo veda che
cosa avete imparato da me, quassù.
Friedrich Nietzsche
giovedì 23 aprile 2020
Offuscamento del cielo
Offuscamento del cielo. Sapete voi la vendetta degli uomini schivi, che si
comportano nella società come se avessero rubato le proprie membra? La vendetta
delle anime umili, supinamente cristiane, che si limitano a passare ovunque
sulla terra strisciando via furtive? La vendetta di coloro che fanno
sempre presto a giudicare e sempre presto ad essere smentiti? La vendetta degli ubriaconi di tutte le risme, per i quali il mattino è la
parte più lugubre della giornata? E quella degli esseri infermicci di ogni
specie, dei malazzati e dei depressi che non hanno più il coraggio di guarire?
Il numero di questi piccoli esseri bramosi di vendetta, e quello altresì dei
loro piccoli atti di vendetta, è enorme; in tutta l’aria risuona continuamente
il sibilo delle trecce e freccine scoccate dalla loro malvagità, casi che il
sole e il cielo della vita ne risultano offuscati — non
soltanto per essi, ma ancor più per noi, per gli altri, per chi resta: il
peggio è che fin troppo spesso ci scalfiscono l’epidermide e il cuore. Non
neghiamo forse qualche volta sole e cielo, per il semplice fatto che da tanto
tempo non li abbiamo veduti? Dunque: solitudine! Solitudine anche per questa
ragione!
da Aurora
aforisma 323
mercoledì 22 aprile 2020
I calunniatori dell’allegria
I calunniatori dell’allegria. Uomini profondamente piagati dalla vita hanno
gettato il sospetto su ogni allegria come se fosse sempre ingenua
e puerile e tradisse
un’irrazionalità, alla vista della quale non si potrebbe provare altro che pietà e commozione,
come quando un fanciullo prossimo a morire accarezza ancora sul suo letto i
propri giocattoli. Tali uomini vedono tombe nascoste e dissimulate in mezzo
alle rose; divertimenti, baraonda, musica allegra appaiono loro come la
risoluta autosuggestione del malato grave, che vuole sorseggiare ancora una volta, per un
attimo, l’ebbrezza della vita. Ma questo giudizio sulla allegria nient’altro è
che il suo riverberarsi sul cupo fondo della stanchezza e della malattia: è
esso stesso qualcosa di commovente, d’irrazionale, che spinge alla compassione,
anzi addirittura qualcosa d’ingenuo e puerile, ma proveniente da quella seconda
infanzia che segue la vecchiaia e precorre la morte.
Friedrich
Nietzsche
da Auroraaforisma 329
martedì 21 aprile 2020
La vendetta cristiana su Roma
La vendetta cristiana su Roma.
Forse non c’è nulla che stanchi tanto, quanto lo
spettacolo di un continuo vincitore, — per duecento anni si era visto Roma assoggettate a
sé un popolo dopo l’altro, il circolo era compiuto, tutto l’avvenire sembrava
alla fine, tutte le cose erano organizzate per una eterna condizione. Sì, se
l’impero edificava, edificava con l’intenzione dell’« aere perennius »; e noi, noi che conosciamo
soltanto la « malinconia delle rovine », possiamo a stento comprendere quella
malinconia, di tutt’altra specie, delle costruzioni eterne, dalla quale si
doveva cercare di salvarsi come si poteva: per esempio, con la frivolezza di
Orazio. Altri cercavano differenti mezzi di conforto contro la stanchezza
confinante con la disperazione, contro la coscienza mortifera che ormai tutti i
movimenti del pensiero e del cuore fossero senza speranza, che in ogni luogo si
fosse piantato il grande ragno, che esso avrebbe implacabilmente bevuto tutto
il sangue, dovunque ancora scaturisse. Questo odio vecchio di secoli, senza
parole, nutrito dagli stanchi spettatori verso Roma, almeno per tutto il tempo
in cui durò il suo dominio, si sgravò, alla fine, nel cristianesimo,
coinvolgendo in un solo sentimento Roma, il « mondo » e il « peccato »; ci si vendicò di Roma, ritenendo prossima
l’improvvisa fine del mondo; ci si vendicò di Roma, ponendo di nuovo dinanzi a
sé un avvenire - Roma
aveva saputo trasformare tutto nella sua preistoria e nel suo presente — e un avvenire, in confronto al
quale Roma non appariva più come il fatto più importante; ci si vendicava di
essa, sognando il giudizio ultimo, — e
l’ebreo crocifisso, come simbolo di salvezza, costituiva l’estrema irrisione
verso gli splendidi pretori romani della provincia; infatti essi ora apparivano
come i simboli della sventura e del « mondo » maturo per la fine.
Friedrich Nietzsche
Da “Aurora”
aforisma 71
aforisma 71
21 aprile a Venezia
21 aprile a Venezia
Nietzsche aspira a raggiungere Peter Gast. Ma Venezia ha
le sue nebbie invernali che egli teme, e non osa, prima della metà di aprile,
lasciare Nizza. Più va avanti con l’età, più subisce la tirannia della luce: un
giorno di privazione l’intristisce, otto giorni lo abbattono.
Per fortuna, arrivano le tiepide ore di fine aprile; il
21 Nietzsche è a Venezia. Peter Gast lo installa in una stanza la cui finestra
dà sul Canal Grande, non lontano da Rialto, ed eccolo felice infine nella sua
cara città ritrovata. Erano quattro anni che non la rivedeva; prova una gioia
infantile. Erra in quel dedalo che animano le sorprese del sole e dell’acqua, i
muschi ed i fiori germogliati tra le pietre. Cammina nelle piccole strade come
a Sils in montagna, dalle quattro alle cinque ore al giorno. « Cento profonde solitudini compongono insieme
Venezia », scrive. « Da qui la sua
magia. Un simbolo per gli uomini dell’avvenire ». Non parla più del
superuomo: a Venezia questo neologismo enfatico farebbe sorridere.
Da
Daniel Halévy
Vita Eroica di Nietzsche
domenica 19 aprile 2020
La nascita della tragedia
Nel 1871 Friedrich Nietzsche pubblicò un’opera, La nascita della tragedia, in cui compariva per la prima volta il tentativo di chiarire un contrasto presente, secondo l’autore, nello spirito ellenico: quello fra la componente “apollinea” e la componente “dionisiaca”. La componente “apollinea” era intesa come la tendenza alla misura, alla compostezza, all’equilibrio, che si espresse soprattutto nelle arti figurative del periodo classico, e che egli considerò attributo fondamentale di Apollo come divinità solare.
Dioniso, invece, il cui culto si esprimeva nelle orge e nei misteri, era l’espressione dell’aspetto opposto alla serenità apollinea. Nell’invasamento dionisiaco, Nietzsche scorgeva il manifestarsi dell’inconscio. La tragedia rappresentava per lui la sintesi di queste due opposte tendenze dello spirito greco: la componente dionisiaca era rappresentata dalle vicende dei protagonisti, luttuose, sanguinose, dominate da oscure pulsioni irrazionali, che però, a poco a poco, ritrovavano armonia attraverso il complesso evolversi delle peripezie, giungendo ad una soluzione equilibratrice.
mercoledì 15 aprile 2020
lunedì 6 aprile 2020
Sabato 6 aprile 1888 arriva a Torino
Sabato
6 aprile 1888, arriva a Torino, affranto di fatica: « Non sono più in grado di viaggiare solo», scrive a Peter Gast. « Ciò mi agita troppo, tutto mi impressiona
stupidamente »,
Torino è certamente una bella città dell’antica Europa aristocratica e reale;
nessuno tuttavia si è reso mai conto di vedere in essa la ottava meraviglia del
mondo. Ora, questo è ciò che farà Nietzsche. Questo semi-cieco, attraverso le
lenti nere dei suoi spessi occhiali, scorge le linee del nobile disegno
torinese, e le trova sublimi. Lettera a Peter Gast:
« Torino, caro amico, è una scoperta capitale. Ve
ne parlo con il secondo fine che voi potrete forse approfittarne, Il mio umore
è buono, lavoro dal mattino alla sera — un piccolo pamphlet sulla musica occupa le mie dita — digerisco come un semi-dio, dormo malgrado il
baccano notturno delle vetture; tutti sintomi di un eminente adattamento di
Nietzsche a Torino ».
Questi benefici, Nietzsche li attribuisce ai clima di Torino. Non vede (o
dissimula) la realtà, che è ben altra. La scossa del viaggio, lo shock dell’arrivo, l’hanno scosso: da
qualche parte, nel suo cervello, nelle immensità del suo universo interiore,
qualche equilibrio si rotto, ed il fuoco, da molto tempo minaccioso e
strisciante, è infine scaturito. Non è ancora tutto incendiato, ma tutto è
lambito dalla fiamma, e la follia ha per primo sintomo, ben noto agli
psichiatri, un sentimento di vittoria, un’acclamazione trionfale. Questa
vittoria, questo trionfo della follia, Nietzsche li aveva un giorno, ce ne
ricordiamo, tragicamente chiamati: « Inviatemi,
la follia, abitanti dei cieli », aveva
gridato; « la follia perché finalmente io
creda in me! » La follia arriva, Nietzsche crederà in lui.
da
Daniel Halévy
Vita eroica di Nietzsche
giovedì 2 aprile 2020
Nietzsche a Venezia
Nietzsche a Venezia
« Seguitemi a Venezia , scrive; «so dove alloggiarvi. Io sarò là, mi prendo ogni responsabilità *. Ogni
responsabilità: dolce parola per l’afflitto. Nietzsche ascolta, si calma,
obbedisce. Il 13 marzo, Peter Gast lo installa nella città promessa.
Nietzsche non amava ancora l’Italia. La smagliante Sorrento
non l’aveva estasiato, la plebe napoletana lo aveva disgustato. Venezia lo
conquistò, fin dal principio. Amò tutto ciò che vi amava Peter Gast. Non
parliamo dei palazzi, delle chiese, delle sculture o delle pitture: Nietzsche
non ne parlerà mai. Leggendo le sue opere e le sue lettere si è portati a
pensare che non sia mai entrato in quei luoghi, che non si sia mai fermato
davanti a nessuno di quegli oggetti. Viveva di un certo contatto, di una certa
intuizione della terra, dell’atmosfera, della luce. Ora, Venezia lo riempì di
gioia. Lottava da anni contro i prestigi del romanticismo germanico:
Venezia piacente, sorprendente e gaia come un racconto da Mille e una notte, bella come un canto
d’Omero, ricompensò la sua lunga ricerca. Peter Gast aveva visto giusto: quello
che ci voleva per Nietzsche, era Venezia. Come una pianta assetata si riprende
dopo una grande pioggia, egli si riprese; di colpo rianimato, disteso, comincia
a sorridere di se stesso al ricordo delle angosce che ha appena passato.
Da
Daniel Haléy
Vita eroica di Nietzsche
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